Cominciamo dal principio: cosa si intende per greenwashing?
Si tratta di una strategia di comunicazione e/o di marketing in base alla quale aziende o istituzioni presentano come ecosostenibili le proprie attività, cercando di occultarne l’impatto ambientale negativo.
È un argomento che abbiamo in parte affrontato un anno fa, parlando di “green strategy vs green washing nell’ambito dei packaging” e su cui torniamo oggi perché recentemente, in occasione del festival dell’economia circolare “Circonomia”, è stato presentato il primo rapporto su questo fenomeno. Si tratta di un dossier che mette in luce l’impatto del greenwashing sui consumatori e sulle imprese e presenta gli strumenti messi in campo da vari paesi (fra cui l’Italia) e da organismi istituzionali internazionali (come UE ed Onu) per contrastarlo.
Nel settore alimentare il fenomeno del greenwashing riguarda in particolare gli imballaggi in plastica, che sono spesso oggetto di comunicazioni ingannevoli. Nel nostro paese il problema emerge quando si cerca di aggirare la direttiva UE del 2019 sul Single use plastic (SUP), che proibisce la commercializzazione di prodotti di plastica monouso. Per ovviare a questo problema molte aziende anziché cambiare materiali hanno posto sugli scaffali della GDO prodotti dichiarati “reusable”. Posate, contenitori e altri oggetti che in realtà non sono né riutilizzabili né compostabli e che sono stati però presentati come “sostenibili”, configurando un vero e proprio inganno del consumatore.
Sono spesso le aziende che commercializzano acqua minerale a incorrere in problemi legati al greenwashing, visti i quantitativi di packaging in plastica utilizzati. È il caso di Ferrarelle, di San Benedetto e Sant’Anna, che in forme differenti hanno riportato nei loro annunci pubblicitari effetti positivi sull’ambiente maggiori di quanto non fossero in realtà.
Uscendo dai confini nazionali, il report evidenzia molti altri casi eclatanti di greenwashing, che coinvolgono colossi come Pepsi Lipton International, Coca Cola e Walmart.
In Italia l’Istituto autodisciplina pubblicitaria per tutelare il consumatore da queste pratiche scorrette nel 2014 ha introdotto una serie di regole sulla comunicazione corretta riguardo alla tutela ambientale. Inoltre l’UE sta, attraverso il Green Deal, formulando nuove misure di tutela dei consumatori contro il greenwashing.
Tuttavia questo fenomeno può essere anche un’opportunità per le grandi aziende. Modificare realmente l’approccio nei confronti dell’impatto ambientale può essere una straordinaria leva di marketing e comunicazione e può portare a una sensibilizzazione dei consumatori nei confronti di quei brand che cambiano passo diventando realmente green.